Sabato 5 Novembre 2011
Progettare al Sole
Dall'edificio in classe A a quello ad energia quasi zero, dall'efficienza invernale al comfort tutto l'anno. La sfida da qui al 2020 chiede una rivoluzione nella progettazione architettonica.
La direttiva europea 2010/31/CE prevede che dal 2019 tutti gli edifici di proprietà di enti pubblici ed occupati dagli stessi siano ad energia quasi zero, mentre per tutti gli altri edifici è l'alba del 2021 che segna l'entrata in vigore di tale obbligo. I quasi 10 anni che ci separano da tali date limite dovranno servire ad una rivoluzione profonda del nostro modo di progettare e di gestire gli edifici.
La precedente direttiva europea 2002/91/CE, di cui la 2010/31 costituisce una profonda ritaratura, ha fatto esplodere il tema della certificazione energetica degli edifici, ed ha prodotto una forte attenzione ai temi del contenimento delle dispersioni termiche. Ne sono derivate adozioni di spessori di materiali isolanti prima inimmaginabili ed una scrupolosa attenzione ai ponti termici, alle prestazioni degli infissi ed a quelle degli impianti, in particolare facendo ricorso alla ventilazione meccanica con recupero di calore. Come una silenziosa invasione, dai paesi del nord Europa, è giunto al settentrione d'Italia un nuovo modo di progettare e costruire edifici il cui essenziale scopo è quello di conservare l'energia immessavi dagli impianti, puntando sulle prestazioni termiche resistive degli strati componenti le chiusure. Si è trattato di una evoluzione interessante, che ha portato notevoli vantaggi nel contenimento dei consumi energetici invernali dei nuovi edifici progettati secondo questo orientamento. Tuttavia sono già emersi i limiti di un simile approccio: in particolare a riguardo delle prestazioni estive degli involucri edilizi ed alle condizioni di comfort microclimatico interno.
L'involucro leggero
L'edificio leggero ed iperisolato, diffusosi agilmente nelle zone più fredde d'Italia ed ora in arrivo anche nelle pianure ( non solo in quelle del nord ), dipende in modo essenziale dagli impianti lungo tutto l'arco dell'anno per assicurare al suo interno condizioni di benessere termoigrometrico, e funziona bene solo se non dialoga con l'ambiente esterno. Ciò non si accorda bene con la nostra cultura dell'abitare. Molti di noi amano per esempio far entrare l'aria fredda al mattino aprendo anche in pieno inverno finestre e portefinestre per qualche minuto. L'immissione di aria molto fredda in un ambiente con limitatissime capacità di accumulo termico causa scompensi: il compito di riportare la temperatura di comfort spetterà esclusivamente agli impianti, spesso dotati di potenze molto limitate dato che servono involucri molto conservativi dell'energia termica interna. Ne consegue una dilatazione dei tempi in cui si vivranno condizioni di discomfort dopo la chiusura delle finestre. Anche il guadagno solare passivo è di difficile gestione in edifici siffatti. In un ambiente dotato di grandi superfici vetrate a sud, quando la temperatura dell'aria interna è confortevole, l'ingresso della radiazione solare in una giornata serena d'inverno provocherà un surriscaldamento costringendo a scegliere tra il climatizzare, l'aprire le finestre o l'ombreggiarle, rinunciando in ogni caso al calore solare gratuito. Il comportamento estivo non è meno complesso. Va evitato in ogni modo l'ingresso di aria calda nel periodo diurno, dato che provoca repentini innalzamenti delle temperature dell'aria interne, costringendo al ricorso alla climatizzazione attiva. Anche i carichi termici interni da presenza di persone, da illuminazione e da funzionamento di elettrodomestici ed altre apparecchiature sono in grado di produrre effetti di riscaldamento interno estivo cui solo l'impianto può porre rimedio. La ventilazione notturna estiva, unico dispositivo di ampia efficacia nel raffrescamento passivo estivo in zone calde ed umide, non ha praticamente efficacia in involucri incapaci di stoccare al loro interno frigorie. Una volta che abbia asportato il volume d'aria calda interna non avrà altra utilità; laddove in presenza di masse capaci di accumulazione termica avrebbe potuto costituire delle riserve di fresco gratuito interne all'edificio, per garantire benessere il giorno seguente anche senza l'intervento degli impianti. Ciò testimonia della limitatezza delle valutazioni previsionali di comportamento microclimatico interno di edifici che si basano fondamentalmente sul calcolo delle trasmittanze degli elementi di chiusura.
Eppure nelle attuali procedure di certificazione energetica questo genere di costruzioni raggiunge facilmente le migliori classificazioni: per questo la sua diffusione è in accelerazione. E' nella considerazione delle esigenze di comfort interno, in particolare in quelle che non riguardino esclusivamente il periodo invernale, che si rivelano i loro limiti più importanti.
Gli edifici italiani, e più in generale tutti quelli situati in zona climatica mediterranea, non potranno accontentarsi di eccellenti prestazioni invernali: dovranno puntare a prestazioni estive d'eccellenza. Queste non si ottengono solo con l'aumento della resistenza termica delle murature perimetrali e delle coperture. Chiedono capacità inerziali dell'involucro ed una spiccata disponibilità di accumulo del fresco interno, come accade nei trulli pugliesi, nei dammusi di Pantelleria, nei nuraghi sardi ed in tutte le costruzioni massive presenti nelle zone calde del pianeta.
L'edificio ad energia quasi zero
L'edificio ad energia quasi zero, dovendo avere un limitatissimo fabbisogno di energia per riscaldamento e per raffrescamento e dovendo limitare al massimo l'intervento degli impianti, dovrà fare grande affidamento sullo sfruttamento inerziale delle sue masse interne. L'intervento di tali dispositivi sfugge però alla logica impiantistica dell'attivazione a comando di forniture e sottrazioni di calore, secondo modulazioni predeterminabili e controllabili con precisione. Perciò la progettazione di questi edifici chiede una raffinata simulazione del loro comportamento su intervalli di tempo anche molto brevi e con analisi di dettaglio molto spinte. Sono disponibili ed impiegati da tempo in architettura bioclimatica raffinati codici di calcolo utili allo scopo. Il loro uso è tuttavia molto poco diffuso, e non sempre la loro complessità si adatta bene alle prime fasi di ideazione e progettazione degli edifici. Tuttavia essi costituiscono il filtro necessario per poter evitare errori ce compromettano il benessere microclimatico interno agli edifici low-energy o ne spostino sensibilmente i fabbisogni energetici rispetto agli obiettivi prefissati.
Si tratta di strumenti capaci di analisi raffinate delle complesse interrelazioni tra le capacità di resistenza termica e quelle di accumulo termico di chiusure e partizioni, tenendo anche in considerazione i diversi assetti degli auspicabili sistemi di controllo dinamico dei guadagni solari. Implementano la disponibilità di brezze o venti, la gestione della ventilazione naturale o meccanica nei diversi momenti dell'anno ed in stretta relazione con il contesto climatico specifico di collocazione dell'edificio, come il suo orientamento, le dimensioni e le disposizioni di ogni sua superficie captante, opaca o traslucida che sia. Il tutto non si limita a valutare le caratteristiche di frontiera dell'edificio ma anche tutto ciò che è esterno ed in particolare quanto tale confine racchiude, con un dettaglio sino ad oggi raramente raggiunto.
Solo una profonda rivoluzione progettuale permetterà di creare edifici ad energia quasi zero a costi controllati, delegando agli impianti un ruolo semplicemente correttivo, da esprimere nelle giornate più svantaggiose delle stagioni estreme. Questi ultimi dovranno essere pensati per interagire sempre in uno stretto dialogo con le componenti dell'organismo edilizio, dove l'insieme di partizioni e solai pesanti divengono accumuli inerziali, in sostituzione di quelli costituiti di centinaia di litri d'acqua che siamo abituati ad osservare nei locali tecnici. Si tratta di un recupero delle tecnologie costruttive tradizionali, strettamente legate al contesto, attraverso un nuovo approccio che non prevede più la lenta sedimentazione di risultati ottenuti di volta in volta sperimentando, ma una valutazione anticipata sull'edificio virtualmente ricreato all'elaboratore; ciò che permetterà ritarature sartoriali in fase progettuale.
Un obiettivo raggiungibile
Esistono già sul territorio italiano caratterizzato da clima mediterraneo edifici residenziali che rispondono appieno alle richieste della direttiva EPBD del 2010. Si tratta di edifici che non si limitano a ricorrere a tecniche conservative, giocate su buoni spessori di strati isolanti e sull'eliminazione o correzione spinta dei ponti termici. Vi uniscono consistenti capacità inerziali termiche interne, ottenute con partizioni realizzate con elementi pesanti, solai interamente o parzialmente massivi, pavimenti e finiture realizzati in materiali con buona conducibilità ed elevata capacità termica. Le chiusure esterne vi hanno finiture in stretta sintonia con il contesto ambientale, con colori sempre più chiari a mano a mano che si scende verso sud, e in taluni casi con finiture selettive contro l'ingresso di calore in estate. Sono spesso dotati di chiusure ventilate: la copertura in primis, dato che è l'elemento costruttivo che riceve il massimo dell'apporto solare termico in estate, ma anche le pareti perimetrali ovest ed est, che tra gli elementi di involucro verticali sono i più penalizzati dall'irraggiamento solare estivo. Tutte le chiusure, come le partizioni, sono spesso dotate di masse inerziali notevoli all'intradosso, laddove cioè a queste masse è possibile interagire con lo spazio abitato. Gli infissi presentano trasmittanze contenute ma non estreme, per non rinunciare all'utile guadagno solare invernale in particolare nei quadranti sud, sud-est e sud-ovest, mentre per l'estate tutte le superfici vetrate sono dotate di sistemi di oscuramento mobili, partendo da quelle in copertura e seguendo le stesse priorità esposte per la ventilazione in coperture e pareti.
In primavera, estate e nel primo periodo autunnale le condizioni di microclima interno vengono affidate grandemente alla ventilazione naturale. Nella stagione estiva sarà esclusivamente notturna, tale da immettere aria fresca per l'accumulo inerziale di frigorie interno all'edificio, così da neutralizzare i carichi termici interni ed entranti nel periodo diurno.
Per favorire la ventilazione naturale trasversale (cross ventilation) questi edifici sono spesso dotati di geometre esterne che servono alla "cattura" e all'indirizzamento di brezze e venti verso le aperture d'involucro predisposte per una ventilazione notturna che non investa direttamente gli occupanti l'edificio, ma che provveda ad un raffrescamento degli elementi edilizi massivi.
L'esclusione totale dell'ingresso di radiazione solare diretta si ottiene grazie a distribuzioni interne e geometrie esterne dell'edificio appropriate e consapevoli del rischio di surriscaldamento. I sistemi di ombreggiamento sono scelti e calibrati per schermare il sole senza compromettere il necessario ingresso di luce naturale negli ambienti. Normalmente, quando la destinazione d'uso è residenziale, questi edifici non sono dotati di impianti per la climatizzazione estiva attiva, mentre raramente si predispongono scambiatori aria-terreno per il raffrescamento dell'aria di rinnovo in ingresso nel periodo diurno.
Talvolta al recupero termico dalla ventilazione si sostituisce, nel periodo invernale, il preriscaldamento dell'aria attuato a mezzo di dispositivi bioclimatici passivi come serre solari, muri di Trombe e similari. Questi dispositivi chiedono una accorta progettazione nei nostri contesti climatici, oltre a raffinate simulazioni del loro comportamento lungo l'intero arco dell'anno, al fine di evitare che nella stagione estiva possano provocare surriscaldamento indesiderato degli ambienti. Debbono ad esempio essere ombreggiabili o almeno apribili per una significativa parte del loro involucro, preferibilmente in copertura, per l'espulsione dell'aria calda, e rasoterra per l'alimentazione con aria fresca.
E' tuttavia grandemente favorito anche il guadagno solare diretto, predisponendo grandi aperture vetrate sui fronti sud e progettando la composizione degli elementi edilizi direttamente irraggiati in modo che divengano serbatoi di stoccaggio del calore guadagnato in forma passiva, dato che all'arrivo del sole al mattino gli ambienti dovranno già trovarsi a temperature che garantiscano il benessere degli abitanti. Nelle condizioni descritte, in ogni caso, le oscillazioni di temperatura interna dell'aria e delle superfici sono molto contenute nel ciclo del dì e della notte, normalmente nell'ordine di 1-2°C, proprio grazie all'effetto inerziale delle masse edili interne.
Anche la distribuzione degli ambienti interni è spesso conforme ai criteri della bioclimatica, con
ambienti nobili disposti prevalentemente verso sud ed altri serventi impiegati anche come spazi tampone verso nord. Ciò garantisce, in particolare nel periodo invernale, che al contenimento del fabbisogno di calore corrisponda anche una fruizione psicologicamente più gradevole degli ambienti in cui si trascorre la maggior parte del tempo di permanenza in casa.
A corroborare le condizioni di comfort microclimatico interno spesso intervengono, in questi edifici caratterizzati da una progettazione mirata e consapevole, tecniche di daylighting, con lo sfruttamento dell'illuminazione naturale anche per ambienti non direttamente affacciantisi all'esterno o altrimenti scarsamente illuminati.
Gli impianti hanno, in edifici siffatti, un ruolo marginale. Ciò permette tra l'altro un recupero di somme nelle fasi costruttive, attraverso una progettazione assistita da raffinate simulazioni del funzionamento dinamico del sistema edificio-impianto che permette di ritagliare su misura la soluzione impiantistica minima strettamente necessaria. Spesso questi edifici sono dotati di sistemi solari termici per la produzione dell'acqua calda sanitaria, con eventuale integrazione al riscaldamento, e di installazioni fotovoltaiche per l'approvvigionamento di energia elettrica. Gli stessi generatori di calore talvolta sono alimentati da fonti energetiche rinnovabili, come le biomasse, ricalcando di fatto ed anticipando i contenuti della nuova direttiva europea. In altri casi sono delle pompe di calore ad elevata efficienza energetica a fornire le esigue quantità di calore e l'eventuale fresco richiesti.
La scelta dei sistemi di illuminazione artificiale e di dotazione di elettrodomestici ed attrezzature mira al contenimento dei fabbisogni energetici ed all'impiego di energia da fonte rinnovabile, sfruttando ad esempio l'acqua calda prodotta dai collettori solari termici o la corrente elettrica di sistemi fotovoltaici. Sempre più spesso edificio, impianti ed attrezzature vengono fatti dialogare in sinergia tra loro a mezzo di tecnologie domotiche.
Ciò testimonia come le tecniche per la realizzazione di edifici ad energia zero siano in nostro possesso da tempo. Per poter procedere alla loro progettazione e realizzazione c'è tuttavia un aspetto di particolare delicatezza: la necessità di prendere piena coscienza delle peculiarità del microclima italiano, profondamente diverso da quello d'oltralpe, ad esempio. Lì anche un edificio in legno ben coibentato regge bene il confronto con tutte le stagioni, come fa da noi in alta quota. Da noi la tradizione costruttiva nei secoli ha insegnato l'importanza dello sfruttamento delle capacità inerziali dell'involucro, in particolare delle sue superfici interne. Queste discendono in misura ragguardevole dalle masse edilizie in gioco, di norma garantite dai laterizi.
Anche il fare riferimento al "clima mediterraneo" può essere limitante per la nostra penisola così variegata nelle situazioni locali che presenta. In molte zone l'estate comporta rischi di surriscaldamento degli edifici, in altre, come nella Pianura Padana, ad esempio, alle temperature eccessive si accompagnano tenori di umidità relativa così elevati che la ventilazione nelle fasi diurne è deleteria. In queste condizioni non bastano più le caratteristiche di sfasamento e smorzamento dell'onda termica in ingresso: diventa strategico lo stoccaggio di frigorie all'interno dell'involucro, operabile in modo passivo solo con la ventilazione notturna in edifici altamente massivi al loro interno. La progettazione di edifici ad energia zero non può pertanto fondarsi su semplici verifiche di trasmittanza in regime stazionario o periodico delle chiusure: chiede codici di calcolo per la valutazione previsionale dell'intero organismo edilizio, unitamente alla dotazione impiantistica e alla considerazione delle due stagioni estreme e dei periodi primaverile ed autunnale.
[ Claudio Pellanda - Energy Planner - pellanda@klimark.it ]
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